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Spider-Man: No Way Home – La recensione del film evento

Spider-Man: No Way Home - La recensione del film evento

Spider-Man: No Way Home. Locandina del film

Jon Watts

2021

 

4.5/5

Quando ci si trova davanti a un evento delle dimensioni di Spider-Man: No Way Home, è difficile rimanere impassibili. Sono ormai passati più di due anni dall’uscita nelle sale del secondo capitolo della saga cinematografica che vede protagonista Tom Holland, capitolo conclusosi, per la prima volta, con la rivelazione al mondo intero dell’identità segreta del giovane supereroe. Da allora ha cominciato a generarsi una situazione di fervore, sia tra i fan più accaniti che non: teorie, analisi, leak con un’attendibilità non sempre così riconoscibile o ovvia hanno sicuramente contribuito ad alzare l’asticella delle aspettative di questo film. Il web si è popolato di quel particolare entusiasmo che precede l’uscita di un film che forse nel 2021 è abbastanza comune, ma ciò che è davvero raro è vedere quello stesso entusiasmo raggiungere una portata così enorme.

Parlare di un vero e proprio film evento del genere non è mai facile, specialmente senza fare espliciti riferimenti spoiler ma sappiamo bene anche quanto sia importante per molti di noi entrare in sala completamente all’oscuro per potersi godere l’esperienza nella sua totalità. Per questo motivo questa recensione sarà quasi totalmente spoiler free fino a un certo punto – nell’ultima parte dell’articolo, invece, parleremo di Spider-Man: No Way Home senza alcun filtro. Non preoccupatevi: quando arriverà il momento di dover fare obbligatoriamente spoiler vi avviseremo.

Spider-Man: No Way Home. Tom Holland e Zendaya in una scena del film

No Way Home riprende esattamente dal finale – inaspettato – di Far From Home. Peter Parker si ritrova a dover affrontare le conseguenze che la rivelazione di Mysterio sulla sua reale identità, alla fine del precedente film, porta inevitabilmente con sé. Allo stesso modo anche coloro che più ama vengono esposti al caos mediatico che ne deriva e da qui si apre la strada al pretesto narrativo che, apparentemente, servirebbe a spalancare una volta per tutte le porte del multiverso: un incantesimo finito male di Doctor Strange, a cui Peter chiede aiuto. 

Già anticipato dai trailer e i teaser usciti, l’apertura del multiverso comporta anche il ritorno di alcuni dei villain più amati tra i fan del super eroe. Al fianco degli ormai veterani del MCU Holland, Cumberbatch, Zendaya, Batalon e Favreau tornano anche Alfred Molina e Willem Dafoe, storici interpreti del Dottor Octopus e di Green Goblin nella prima trilogia di Spider-Man di Sam Raimi e non solo, anche alcuni dei villain tratti dai due capitoli di The Amazing Spider-Man fanno il loro ritorno proprio in questo film. Si tratta sicuramente di un grande colpo per i più nostalgici ma allo stesso tempo di un grosso rischio. Non è mai facile, infatti, riuscire a gestire una quantità di personaggi decisamente più ampia del solito – in particolare quando universi differenti tra loro cominciano a scontrarsi e il disastro narrativo di Avengers: Endgame ne è la prova più concreta e recente che abbiamo. Insomma, la paura che dilagava era quella di trovarsi di fronte all’ennesimo specchio per le allodole farcito di puro fan service: un ammasso di riferimenti e citazioni mischiate tra loro che però, di concreto, avessero ben poco. 

Fortunatamente, non è stato questo il caso di No Way Home. Parliamoci chiaro: il fan service c’è ed eccome ma non stona mai, nemmeno in un singolo momento. Questo terzo capitolo diretto da Jon Watts è, prima di tutto, un omaggio: un omaggio al personaggio di Peter Parker, a cosa voglia dire essere Spider-Man, alla sua storia e, più di tutto, ai suoi fan. E Watts questo omaggio lo costruisce con coerenza, rimanendo fedele all’anima stessa della pellicola e al suo pretesto narrativo, creando una storyline che, nel suo contesto, dà la giusta spiegazione a ogni personaggio e riferimento inserito nel lungometraggio. 

Spider-Man: No Way Home, Tom Holland e Benedict Cumberbatch in una scena del film

In questo senso, No Way Home non va posto al termine della trilogia di Watts come culmine della crescita del Peter Parker di Tom Holland ma come, piuttosto, ultimo tassello del suo percorso di origini. Soltanto alla fine di questo film, con una visione completa di ogni insegnamento avvenuto anche nei precedenti due, potremmo dire che, finalmente, Peter Parker è diventato Spider-Man. Ogni scena assume nuovo significato in vista di questa nuova prospettiva e anche le difficoltà affrontate in Homecoming Far From Home assumono una nuova sfumatura all’interno di un disegno ben più grande. Ogni film ha una sua morale, un suo insegnamento, e tutti questi fanno parte di Peter Parker allo stesso modo: senza uno qualsiasi di questi tasselli non ci sarebbe alcuno Spider-Man. O almeno, sarebbe un personaggio totalmente diverso. 

Spider-Man: No Way Home non è per questo un film perfetto, anzi. A livello narrativo sono presenti, sicuramente, alcuni buchi di trama quasi inevitabili quando si gioca con una narrazione di queste dimensioni ma, all’interno del grande disegno di Watts e del suo team rimangono piccole sbavature che vengono facilmente oscurate dall’impatto emotivo che si prova nel vedere un personaggio così amato diventare, finalmente, ciò che è sempre stato destinato a essere. 

SPOILER ALERT

Siamo arrivati al punto cardine di questa recensione. È impossibile continuare senza fare espliciti riferimenti alla trama e alle sue vicende quindi, se ancora non avete visto Spider-Man: No Way Home e nonostante ciò avete letto fino a qua, smettete ora, salvate questa pagina, andate al cinema il prima possibile e poi continuate la lettura.

Ora che siamo tra noi, possiamo parlarne apertamente. Fino a qualche anno fa sembrava pura fantascienza fare ciò che Watts è riuscito a fare con questo film. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui avremmo rivisto Tobey Maguire e Andrew Garfield vestire ancora una volta i panni di Spider-Man, figuriamoci nello stesso film e al fianco di Tom Holland. Il ritorno di due figure storiche come quelle dei Peter Parker con cui noi tutti siamo cresciuti (il Peter di Maguire in particolare) è una scelta che scalda davvero il cuore e che trasforma la semplice visione di un film in una vera e propria esperienza cinematografica. La magia di No Way Home, infatti, non risiede solo nelle avventure che Peter si trova costretto ad affrontare ma trova il suo giusto posto anche e specialmente nell’emozione che comporta vedere un film in una sala piena di appassionati come te, con decine e decine di persone che sussultano, applaudono ed esultano all’ingresso dei personaggi più amati. È un po’ la stessa situazione vissuta con l’uscita nelle sale di Avengers: Endgame ma, in questo caso, mi sento di dire che si tratta addirittura di un passo ancora più in alto. Prima di tutto perché il ciclo che No Way Home va a concludere ha avuto inizio ben prima dell’ormai storica vicenda cinematografica dei Vendicatori e, in secondo luogo, perché ogni personaggio che fa il suo ingresso trionfale in questo film ha il suo preciso scopo. I due Spidey, così come ogni singolo villain, rappresentano una parte fondamentale dell’essenza del personaggio di Peter Parker e la loro presenza non è semplice e banale fanservice, o almeno non solo, ma racchiudono in sé la spinta che serve al personaggio di Tom Holland per realizzarsi e compiere quel passo in più che fino ad ora gli era stato impossibile compiere. 

Spider-Man: No Way Home. Alfred Molina in una scena del film

Andando a scavare più a fondo, forse l’unico tassello che sembra realmente fuori posto (o almeno a primo impatto) è la morte di zia May. Inaspettata come una secchiata di acqua gelida, non è difficile considerarla come pura cattiveria, specialmente se consideriamo che questo Peter aveva già affrontato un lutto importante e quindi ci rimarrebbe da chiederci: cosa abbiamo visto Far From Home a fare se ci ritroviamo punto e a capo? In realtà, è vero che il Peter di Holland ha già affrontato l’accettazione della perdita di una persona cara – quella di Tony Stark, ovviamente – ma sono i significati che vengono attribuiti a queste perdite che fanno davvero la differenza. Nel primo caso, si trattava di accettare la responsabilità di un’eredità più grande di lui e di affrontare il senso di inadeguatezza rispetto a una persona stimata e a un mentore; la perdita di zia May rappresenta, invece, ciò che abbiamo visto anche con Garfield e Maguire nei loro rispettivi film, ovvero lo scontrarsi con il senso di colpa che porta, una volta superato e accettato, alla creazione della morale e dell’etica che da sempre contraddistingue il personaggio dell’eroe. 

E il finale del film, forse una delle scene migliori di tutta la pellicola, rappresenta proprio tutto questo. Lo Spider-Man di Holland raggiunge finalmente quello stadio che non rappresenta la fine della sua storia ma, finalmente, il suo vero inizio, un punto di partenza lì dove abbiamo imparato ad amarlo per tutti quei motivi che lo rendono uno dei personaggi con cui è più facile empatizzare: in un monolocale con una porta rotta, una radiolina e un costume cucito dal nulla, dedicando la sua vita ad aiutare.

Fonti

Spider-Man: No Way Home (2021), Jon Watts

Valentina Dadda

Studia scienze dei beni culturali ed è innamorata da sempre del cinema e della letteratura, suoi compagni di viaggio da una vita. Affronta le giornate passando da una citazione all'altra e passerebbe ore a parlare di scienza o di femminismo, o di tutte queste cose insieme.

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