Soul: la recensione dell’ultimo film Disney-Pixar
Soul: la recensione dell'ultimo film Disney-Pixar
Doveva uscire a giugno nelle sale statunitensi e a settembre in quelle italiane, invece, dopo numerosi rimandi dovuti ovviamente alla pandemia, alla fine Disney ha deciso di rilasciare il film in esclusiva su Disney+ il 25 dicembre 2020. Sono state inevitabili le proteste dei cinema che si sono viste portare via anche uno dei titoli più promettenti sul fronte degli incassi della stagione, dopo un anno già disastroso di per sé. I cinema sono tuttavia ancora chiusi al momento, che la scelta di Disney alla fine sia stata comunque sensata?
Quel che è certo è che Soul meritava di essere visto in sala. La Pixar si dimostra come sempre in grado di portare sullo schermo storie magnifiche dalla grafica pazzesca sempre all’avanguardia: dai pelucchi sui maglioni, ai giochi di luce che si riflettono sugli strumenti musicali, alla creazione di mondi immaginifici che richiamano l’arte di grandi artisti del passato. Tutte caratteristiche insomma che viste sullo schermo di casa, per quanto grande, sempre infinitamente limitato rispetto ad una sala di cinema, perdono l’occasione di essere apprezzate in pieno.
Un viaggio tra le anime
La Pixar ha sempre dimostrato di essere in grado di creare storie che hanno il potere di interessare grandi e piccini grazie ad un’accurata intessitura di significati comprensibili a diverse età. Eppure in Soul questa inevitabile caratteristica viene un po’ meno: il film di Pete Docter e Kemp Powers sembra parlare più ad un pubblico adulto che ad uno giovane, la cui maggiore attrazione verso la storia è sicuramente più legata alle numerose gag comiche tra i personaggi e alla bellissima grafica che alla piena comprensione della vicenda raccontata.
Quando Joe Gardner muore e si ritrova in quel pre-aldilà, non è affatto pronto a compiere l’ultimo passo e superare quel portale che tutto attrae, e noi con lui. Inizia così quel viaggio tra le anime che solo agli adulti riesce a parlare. La sfida tra Joe Gardner e l’anima 22 è quella tra chi non è ancora pronto a morire e chi, invece, di nascere non ne vuole proprio sapere. Ma entrambi hanno in comune una cosa: non sanno quale sia la loro scintilla, quel qualcosa che può permettere loro di iniziare la propria vita. O meglio, 22 non ha ancora la scintilla, Joe Gardner la scintilla l’ha trovata… o pensa di averla trovata. Ed è qui che arriva la realizzazione: in un viaggio tra le anime che ci mostra tutte quelle sfaccettature della vita, anche qui comprensibili solo ad un pubblico adulto, tra le anime disperse simbolicamente vaganti nei propri vortici neri che fanno da scudo al mondo esterno e le anime che invece riescono a compiere un viaggio in quel mondo grazie alla “bolla” che riescono a creare, Joe Gardner realizza quello che pensava essere il sogno di una vita, ma c’è qualcosa che non va. E adesso? É tutto qui?
Una certa insoddisfazione finale
La sensazione più grande a fine visione è stato quello che mancasse qualcosa. Bellissima la grafica, bellissima la storia e i vari significati di questo immenso viaggio attraverso il mondo delle anime, pre nascita e post morte. Eppure c’è quel non so cosa che alla fine lascia a bocca asciutta, spingendoci ad interrogarci sul significato che quella storia ripercuote su di noi, che difficilmente Inside Out o Coco avevano creato. E la realizzazione arriva lì, alla fine, dopo qualche momento di ragionamento intensivo sulle nostre vite e su quello che stiamo portando avanti. Sia che siamo in cerca di uno scopo, sia che quello scopo lo abbiamo già trovato, forse non siamo ancora venuti in possesso della scintilla. E Soul non ci dà una risposta sul come o sul quando, non ci offre la risposta su un piatto d’argento: quella risposta dobbiamo trovarla noi, nella vita, e un film d’animazione come Soul non può che darci solo la spinta affinché possiamo iniziare la nostra ricerca. Speriamo, un po’ meno traumatica di quella di Joe Gardner.
Soul, Disney-Pixar, 2020
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