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It: il film horror che va oltre la paura

It: il film horror che va oltre la paura

It: locandina e valutazione

Andy Muschietti

2017-2019

Disponibile su: Infinity

4/5

È stata una fugace e abbagliante meteora il remake di It (2017 per la prima e 2019 per la seconda parte, se vogliamo dividerli, ma in questa sede ne parleremo come di una pellicola unica, cosa che di fatto è) e altrettanto lo è stato il suo successo e il chiacchiericcio che si è lasciato dietro, ma crediamo comunque meriti ancora attenzione e lodi. 

Per quanto sia un prodotto che, inevitabilmente per la sua storia e iconicità – grazie anche all’originale film cult, passato come miniserie tv del 1990, tratta dal celebre romanzo di quattro anni prima – voleva raccogliere un vasto bacino di spettatori, e rientrava più che bene nell’ottica di cosa le persone vogliono vedere per spaventarsi, quindi con i cliché e gli stereotipi del caso, è innegabile come abbia portato alla luce temi così apparentemente distanti da quelle che erano le premesse del film (cercando anzi di rimanere più fedele al libro e alle sue intenzioni di quanto fece il suo predecessore).

La storia immagino l’abbiamo già sentita tutti, ma per correttezza: siamo alla fine degli anni Ottanta, in una cittadina americana di periferia, Derry, dove facciamo la conoscenza di alcuni ragazzini vessati dai bulli e dai genitori, e, chi più chi meno, vivono in un vero e proprio disagio sociale. Dopo l’improvvisa scomparsa del fratellino di uno di loro, formano un gruppo diventando grandi amici, The Losers. I ragazzi scoprono nelle proprie ricerche di essere stati presi di mira da una presenza maligna, una creatura con le fattezze di un clown inquietante, la stessa creatura che sta facendo scomparire altri bambini dalla cittadina, e decidono quindi di affrontarla.

Dunque sarebbe immediato collocare IT come film horror, ma allo stesso tempo sarebbe anche un po’ scorretto classificarlo solo come tale, dato che è a tutti gli effetti un film di formazione adolescenziale accentuato dal dramma, dove, paradossalmente, la vera causa delle paure vissute dai protagonisti in queste terribili situazioni non sono, in primo piano, da attribuire a Pennywise quanto ai genitori stessi. D’altronde è risaputo il volere dello scrittore da cui è nato il romanzo di parlare in modo chiaro delle difficoltà di vivere l’adolescenza, specie quando la si affronta in un contesto sociale bigotto, isolato, claustrofobico, ansioso o violento. Ed ecco il motivo per cui (ri)meriterebbe una visione, non per spaventarsi dei mostri, ma per vedere come un gruppo di amici che si sentono soli al mondo, nonostante vivano drammi familiari in tutto e per tutto, cerchino di vivere a pieno ogni momento felice a loro concesso. Ma non solo: meriterebbe una visione anche per riflettere su come una stessa situazione possa portare alla rovina, e l’esempio perfetto di questa visione è Henry Bowers.

Henry Bowers è il bullo a capo del trio che tormenta in modo brutale e quasi ossessivo il gruppo di amici di Bill: i tre sebbene girino sempre assieme non sembrano avere un particolare legame o un forte senso di amicizia, l’unico vero collante che li unisce è probabilmente la rabbia repressa, che non trova altro sbocco se non quello di sfogarla su chi non può opporsi.

Vorrei concludere citando l’immensa bravura del cast, specie nel primo capitolo, quasi interamente sorretto da un gruppo così giovane ma con moltissima stoffa da vendere, e il debutto al grande pubblico di Bill Skargard, che innegabilmente ha raccolto il testimone da Tim Curry svolgendo un lavoro impeccabile e portando l’iconico personaggio un gradino sopra, rendendolo completamente suo, in un modo tanto inquietante, pittoresco e macabramente molto divertente.

Spoiler

Nel caso specifico di Henry appunto, conosciamo anche la sua situazione famigliare, che non è tanto diversa da quella dei Perdenti, anzi, per alcuni è decisamente peggiore: abbiamo un padre violento psicologicamente e fisicamente, che determina la sua autorità con la sola forza e con la volontà di svilirlo come persona. Questo non per giustificare il comportamento, che resta sbagliato e sarebbe stato sano correggere, ma per farti empatizzare con quello che a tutti gli effetti è solo un’altra vittima degli eventi che non ha avuto la fortuna di avere le persone giuste al suo fianco o un aiuto opportuno.

Fonti

It (Id., 2017), Andy Muschietti

It – Capitolo 2 (It – Chapter 2, 2019), Andy Muschietti

Francesca Sutera

Serpeverde e femminista, cresciuta ad anime e film Disney ha maturato il suo amore per l'animazione, sopratutto per quella giapponese e per quella in stop motion, predilige le opere britanniche, specie se drammatiche o storiche, le favole horror e il black humor. Passa le giornate ad ascoltare musica e sperare in più rappresentazione nei film e cartoni animati.

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