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Fleabag: la recensione della seconda stagione

Fleabag

La recensione della seconda stagione

Fleabag intagram

Phoebe Waller-Bridge

Amazon Prime Video

2019

4.5/5

Sono giorni che cerco di concentrarmi per trovare un difetto nei dodici episodi che, in totale, compongono le due stagioni di Fleabag ma risulta decisamente difficile, se non impossibile. Nato come progetto teatrale dalla mente di Phoebe Waller-Bridge e successivamente adattato per la televisione da BBC Three, Fleabag è tornato, a distanza di tre anni, con una seconda stagione che non solo è riuscita a mantenere alto il livello degli episodi precedenti, ma persino a superarlo. 

La commedia tragicomica, nella prima stagione, affronta la vita quotidiana della giovane donna da cui prende il nome la serie mentre cerca di crearsi un proprio spazio all’interno della Londra contemporanea e il dramma esistenziale del vivere con un peso enorme sulle spalle. Trovandosi in quel punto della sua esistenza in cui niente è ancora definito e tutto sembra sfuggirle dalle mani, Fleabag (interpretata dalla stessa Phoebe Waller-Bridge) deve avere a che fare con una famiglia disfunzionale, i rapporti con il sesso e l’amicizia che si sbriciolano intorno a lei e la visione che ha di sé stessa. Dopo una presa di coscienza, il finale ci ha lasciati con un ultimo drammatico shot che rappresentava la rottura delle relazioni che la circondano. In questa nuova, vibrante stagione, ritroviamo Fleabag alle prese con le conseguenze delle sue azioni mentre cerca di rimettere in sesto quello che rimane sotto il suo controllo.

Fleabag in chiesa, stagione 2

La differenza con la prima stagione è visibile fin dai primi minuti: precedentemente, la rottura della quarta parete intelligentemente inserita nei momenti più opportuni, era stata usata prevalentemente per annunciare che le cose sarebbero andate esattamente come descritte da Fleabag; fin da subito notiamo, invece, che questa volta sembra avere un chiaro intento di contrasto narrativo. Le cose sono cambiate e ci è possibile vederlo già dall’apertura della stagione, quando Fleabag si ritrova ad una cena di famiglia in cui il padre (Bill Paterson) e la matrigna (Olivia Colman) annunciano il fidanzamento ufficiale. Qui incontra anche il prete destinato a celebrare le nozze, i cui panni vengono vestiti da Andrew Scott, una superba aggiunta ad un cast già eccezionale. È proprio da questo incontro che si genereranno gli avvenimenti che daranno vita ad alcune delle scene più memorabili della stagione. 

La ragione per cui una serie come questa è riuscita a fare breccia nel cuore degli spettatori si trova, sicuramente, nell’originalità di rappresentazione di vicende estremamente reali in cui non è poi così difficile immedesimarsi. Il personaggio di Fleabag rappresenta quella parte della sua generazione che la maggior parte delle volte, sia a causa di fattori esterni che non, non sa più dove sbattere la testa e non importa quanti tentativi si facciano, nulla sembra mai andare come previsto. La paura e l’angoscia di non avere il proprio futuro e la propria vita sotto controllo ci vengono raccontati attraverso un umorismo tutto britannico che, se sapientemente usato come in questo caso, risulta realmente divertente e smorza la tragicità del dramma della società contemporanea. È così che ci si trova a ridere di gusto e poi, due secondi dopo, veniamo lasciati davanti allo schermo, sconcertati, a ripensare ad ogni errore mai commesso nella nostra vita e con un senso di oppressione difficile da mandare giù.

Fleabag and the priest

La sceneggiatura è il focus su cui si regge tutta la stagione, così come, d’altronde, è successo anche con la prima. L’abilità della Waller-Bridge si dimostra ancora una volta all’altezza delle nostre aspettative e non è un caso che sia una delle menti dietro alla scrittura anche di Killing Eve, serie tv altrettanto apprezzata dalla critica proprio per la sua sceneggiatura. 

L’evoluzione dei personaggi di Fleabag prende sempre più forma con l’avanzare degli episodi che, seppur brevi, riescono a continuare quell’esplorazione di temi che già era ampia nella prima stagione: da argomenti che riguardano l’intimità sessuale e i sentimenti si passa in maniera del tutto naturale a temi più delicati come l’aborto e la religione. Un posto del tutto speciale è occupato, ancora una volta, dal rapporto di Fleabag con la sorella, lontanissimo dall’essere semplice ma anche talmente profondo da essere capace di smuovere anche gli animi più duri. 

Fleabag è quella serie da guardare la sera, quando il peso della giornata risulta troppo ingombrante e sentiamo il bisogno di sentirci un po’ meno soli prima di dover ricominciare da capo il giorno dopo. Però, fate attenzione! Il pericolo dipendenza è elevato e i soli venti minuti ad episodio rischiano di farvi consumare tutta la serie di corsa, lasciandovi sul finale con un vuoto difficile da riempire nuovamente. 

fleabag and his sister in the cab

Fonti

Fleabag, 2016 – 2019

Killing Eve, 2018 – in produzione

Valentina Dadda

Studia scienze dei beni culturali ed è innamorata da sempre del cinema e della letteratura, suoi compagni di viaggio da una vita. Affronta le giornate passando da una citazione all'altra e passerebbe ore a parlare di scienza o di femminismo, o di tutte queste cose insieme.

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