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Il mare non bagna Napoli – l’illusione della nostalgia

Il mare non bagna Napoli - l'illusione della nostalgia

Il mare non bagna Napoli

Anna Maria Ortese

Adelphi

1953

4/5

“Qui, il mare non bagnava Napoli. Ero sicura che nessuno lo avesse visto, e lo ricordava. In questa fossa oscurissima, non brillava che il fuoco del sesso, sotto il cielo nero del sovrannaturale.”

Nel 1953 Anna Maria Ortese pubblica Il mare non bagna Napoli, a testimonianza degli oltre vent’anni vissuti nella città. Si tratta di una raccolta di racconti, cinque per l’esattezza, che pongono al loro centro le condizioni di Napoli nel periodo del dopoguerra. Con il passare degli anni, queste novelle sono entrate di diritto nell’elenco delle opere più importanti della letteratura italiana del novecento e non a caso. Lo stesso Pietro Citati, nella prefazione, descrive Il mare non bagna Napoli come “una discesa agli Inferi: nel regno della tenebra e delle ombre dove appaiono le pallidissime figure dei morti“. 

I cinque racconti, specialmente i primi, raggiungono lo scopo di dare una visione tremendamente realista della città e delle condizioni in cui versava in quegli anni profondamente segnati dalle due guerre. Il primo racconto, Un paio di occhiali, è particolarmente esplicativo proprio in questo senso: Eugenia è una bambina cresciuta in uno dei quartieri più poveri ed è anche miope, ha bisogno di un paio di occhiali che non può permettersi finché la zia non si offre di sostenere l’intera spesa ma rinfacciandogliela continuamente. Una frase colpisce più delle altre: “A te, che ti serve vedere bene? Per quello che tieni intorno!”. Proprio in queste righe potremmo trovare il nucleo dell’intero libro perché la realtà che circonda Eugenia e che vede per la prima volta nitidamente solo grazie agli occhiali è la stessa che Anna Maria Ortese osserva negli anni di residenza a Napoli, si tratta di una realtà dalla quale vorresti fuggire solo una volta vista da vicino. Così Eugenia si rende conto che, senza gli occhiali, aveva solo visto un’illusione, era rimasta affascinata da un’orrenda realtà mascherata dalla miopia che la rendeva ai suoi occhi attraente.

La disillusione torna come tema centrale anche nel secondo racconto, Interno familiare. Anastasia, quarant’anni, vive una vita modesta provvedendo ai bisogni della sua famiglia ma quando scopre che un suo vecchio spasimante sta tornando in città inizia per lei un vero e proprio sogno ad occhi aperti. Comincia a visualizzare il suo futuro lontano dalla solitudine che l’ha accompagnata fino a quel momento, proiettandosi in una storia d’amore irrealizzata. Il sogno viene spezzato quando scopre che l’uomo è già fidanzato e il ritorno alla realtà è ancora più duro. Per un momento se ne era infatti distaccata, allontanandosi per poco tempo da una vita descritta come misera e pensando, per la prima volta, di poter avere di più: da qui la caduta del ritorno alla cinica verità è molto più rumorosa e dolorosa. Il realismo diventa, per Anna Maria Ortese, il protagonista perfetto da piazzare sul palcoscenico naturale che è Napoli, pretesto perfetto per la descrizione di questa tanto agognata discesa agli Inferi. 

Dopo i primi racconti, l’autrice cambia leggermente il tono della prosa e Il mare non bagna Napoli assume, da qui, una narrazione che si avvicina molto di più al reportage giornalistico, quasi come se volesse scavare a fondo nel lato più oscuro della città. Non è un caso che le descrizioni si avvicinino a quelle dell’Inferno dantesco quando descrive, con la precisione chirurgica tipica della giornalista che è stata, gli interni di un complesso che ospitava persone bisognose in La città involontaria. Qua gli incubi prendono forma, diventano tangibili e concreti e il titolo del libro viene compreso a pieno: il mare non bagna Napoli perché è stata abbandonata dalle istituzioni segnate da omertà e indifferenza. La speranza però non abbandona mai totalmente l’autrice, ed è così che risalendo piano piano le scale del complesso comincia ad apparire un po’ di quella luce per cui Napoli è tanto famosa, un po’ di quella nostalgica bellezza che non può non far innamorare. 

La raccolta si conclude con una lunga novella a sua volta divisa in più parti, tanto amata e allo stesso tempo tanto criticata. Attraverso le figure di alcuni dei più importanti scrittori napoletani del periodo, la scrittrice dà vita alle disillusioni della città e fu proprio ciò a portare, all’epoca, ad un certo rifiuto da parte degli abitanti verso Anna Maria Ortese. In realtà, in ogni riga e in ogni pagina traspare, da parte dell’autrice, un vero e profondissimo amore verso Napoli. Proprio mostrandone ogni suo lato e denunciandone le ingiustizie che oscurano l’immagine della bella cartolina l’Ortese dimostra l’affetto nostalgico e profondissimo che la lega alla città.

Fonti

Il mare non bagna Napoli, Anna Maria Ortese, 1953

Valentina Dadda

Studia scienze dei beni culturali ed è innamorata da sempre del cinema e della letteratura, suoi compagni di viaggio da una vita. Affronta le giornate passando da una citazione all'altra e passerebbe ore a parlare di scienza o di femminismo, o di tutte queste cose insieme.

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