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Favolacce – Raccontare l’incubo con delicatezza

Favolacce

Raccontare l'incubo con delicatezza

Fratelli D’Innocenzo

Prime Video

2020

4/5

Una secchiata d’acqua gelida direttamente versataci addosso sarebbe, sicuramente, meno travolgente a agghiacciante di Favolacce, secondo film dei Fratelli D’Innocenzo. I registi romani hanno colto tutto il potenziale narrativo del malessere esistenziale e con un lavoro che non lascia nulla ai dettagli, hanno conquistato non solo il Festival di Berlino 2020, ma anche i più recenti Nastri D’Argento.

Accompagnati dalla voce di un narratore (Max Tortora), Favolacce ci introduce all’interno di un diario interrotto e grazie al quale assistiamo alla vita provinciale del quartiere di Spinaceto, nella periferia di Roma, di personaggi che hanno fatto entrare l’estate torrida nella loro stessa anima. Al centro del racconto corale troviamo una famiglia apparentemente agiata ma che nasconde uno squilibrio emozionale destinato a corrompere la luce estiva che illumina il quartiere composto da villette a schiera e circondato da un verde che potrebbe sembrare puro agli occhi di un poco attento osservatore, ma che nasconde nei dettagli le creature più orride che ci spaventavano da bambini.

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Favolacce non è una fiaba, o almeno non di quelle che potremmo raccontare la sera, prima di andare a letto. Favolacce è, piuttosto, la realtà che tentiamo ogni giorno di nascondere sotto detriti di illusione; ma prima o poi questi detriti sono destinati a cedere, portando con sé tutto quanto si possa aver costruito e allo stesso modo, i Fratelli D’Innocenzo, ci fanno salire in equilibrio su una corda tesa, sapendo benissimo che la tensione accumulata, prima o poi, esploderà inevitabilmente.

Protagonisti del racconto grottesco sono i bambini, coinvolti senza alcuna possibilità di scelta in un mondo che ha già iniziato a corromperli prima ancora che potessero accorgersene. Con delle prove attoriali più che sbalorditive (una menzione d’onore a Tommaso Di Cola e Giulietta Rebeggiani), ci rivelano l’enormità del divario tra il mondo adulto e quello dell’infanzia, un varco che viene troppo spesso annullato senza troppi ripensamenti sulle possibili conseguenze.

Il racconto che viene portato avanti è un racconto devastante, di violenza, di rabbia, di disagio: sensazioni che vengono trasmesse attraverso giochi di spaesamento che iniziano sin dal primo momento, creando un luogo visivamente idilliaco e sospeso in un momento sconosciuto, non identificabile se non ricomponendo i pezzi alla fine della visione. È solo allora, infatti, quando si è completamente stravolti dall’atto finale e dalle meravigliose scene interpretate da Elio Germano, che ci si può fermare per riprendere a respirare e comprendere che Favolacce mette in scena, con accurata attenzione, le paure della società economica e degli impulsi umani, senza alcuna mediazione, senza alcun senso di riguardo.

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Nonostante la crudeltà quasi grottesca che traspare dalla rassegnazione che si imprime per tutto il film, quello dei Fratelli D’Innocenzo rimane un linguaggio delicato, che fa delle luci e del lavoro sull’aspetto del filmico le sue caratteristiche più sbalorditive, inseguendo la lezione del regista greco Lanthimos. Da cene in famiglia e giornate in piscina si passa a primi e primissimi piani che fanno sentire a disagio e che trasformano la noia del caldo estivo in una sensazione più oscura che difficilmente possiamo scrollarci di dosso.

Favolacce non è di certo un film d’intrattenimento, non è un film veloce; è un racconto che va preso a piccoli bocconi e per cui servirà sicuramente del tempo a tutti per digerirlo completamente. Rimane, però, anche l’impronta di un nuovo linguaggio cinematografico di cui l’Italia ha un disperato bisogno e il lavoro della sceneggiatura del nuovo film dei Fratelli D’Innocenzo è la prova lampante che nuove strade sono percorribili e non a vuoto.

Fonti

Favolacce, 2020, Damiano e Fabio D’Innocenzo

Valentina Dadda

Studia scienze dei beni culturali ed è innamorata da sempre del cinema e della letteratura, suoi compagni di viaggio da una vita. Affronta le giornate passando da una citazione all'altra e passerebbe ore a parlare di scienza o di femminismo, o di tutte queste cose insieme.

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